Bresaola della Valtellina IGP? È fatta in gran parte con carne congelata di zebù, un bovino con la gobba che viene allevato in Sudamerica (Brasile, nello specifico), ma che è originario dell’Asia e dell’Africa (in India lo zebù è considerato una mucca sacra). In Brasile gli zebù furono importati nel primo XX secolo e incrociati con una razza bovina francese, la Charolaise. Il salume derivato da questo bovino si spaccia come tipico della Valtellina. Una truffa alimentare? In realtà no, affatto. Lo consente il disciplinare di produzione, ma il consumatore medio non lo sa, nonostante secondo il Consorzio di Tutela, attivo dal 1998, il gradimento degli italiani nei confronti della bresaola sia cresciuto del 39% rispetto a 15 anni fa.

Non è una truffa, ma un pò ingannevole lo è…

L’articolo 2 del disciplinare di produzione IGP specifica che la bresaola valtellinese debba essere solamente «elaborata» nella tradizionale zona di produzione che comprende l’intero territorio della provincia di Sondrio. E all’articolo 3 si prescrive che debba essere ricavata da cosce di bovino tra i 18 mesi e i 4 anni. Insomma, per produrre Bresaola della Valtellina Igp, fatta e stagionata all’italiana e in Italia, si può utilizzare — appunto — qualunque tipo di bovino, anche quello che di italiano non ha nulla.

Guarda il servizio in TV di LA7 sulla Bresaola della Valtellina IGP: https://www.youtube.com/watch?v=UFyXBAo2CKE 

Tutta colpa, anzi merito, del bos taurus indicus, comunemente detto zebù. Incrociando la vacca comune con questo bovino dotato di gobba e grande giogaia, gli allevatori brasiliani ottennero un animale con la carne dura come la suola delle scarpe. “Ma è carne magra e va benissimo per le nostre bresaole”, dice Emilio Rigamonti, presidente del consorzio che tutela appunto la bresaola della Valtellina.

Paradossalmente, la carne magra degli zebù allevati spesso al pascolo brado, rischia di essere ben più sana di quella bovina italiana da allevamento industriale e intensivo, che si produce con animali sempre chiusi in stalla dalla nascita fino alla morte e che sviluppano molto più grasso nelle carni, hanno residui di antibiotici, pesticidi dei mangimi ecc.

Qualche consumatore sarà sorpreso. Forse pensava, magari guardando la pubblicità in tv, che la carne da stagionare fosse gentilmente offerta dalle vacche e dai manzi delle montagne bergamasche. “Sono ormai decenni – dice l’uomo del consorzio – che acquistiamo carne brasiliana e il motivo è semplice: solo quella va bene per il nostro prodotto. Quella italiana ed europea sono troppo grasse. E poi bisogna ricordare che lo zebù è un bovino come gli altri. Ha solo quel nome strano, che richiama Belzebù… “.

Niente di strano quindi, a sentire chi fa profitto con questo salume e gestisce il Consorzio di Tutela della breasola IGP, però a noi consumatori dà comunque fastidio che il Ministero delle Politiche Agricole permetta la denominazione di un prodotto come IGP (Indicazione Geografica Protetta) della Valtellina. La gente si aspetta di mangiare un prodotto fatto con carne italiana allevata in Valtellina!

Cibo Serio ha spiegato a fondo l’inganno del Made in Italy  e delle produzioni DOP e IGP nel corso “A LEZIONE DI ETICHETTA”, un corso che varrebbe la pena di vedere (sono 6 video-lezioni) https://ciboserio.it/corso-di-formazione-a-lezione-di-etichetta-online/

Il progetto Coldiretti per una bresaola italiana al 100%

In Valtellina ormai sono rimasti solo allevamenti di mucche da latte, che niente hanno a che vedere con la produzione della bresaola! Ma c’è una speranza, grazie a Coldiretti.

Non più carne di zebù, ma solo bovini maschi italiani. E’ il profilo dell’accordo stipulato nel 2017 tra la filiera agricola italiana della Coldiretti e la Rigamonti Spa, azienda leader nella produzione di bresaola, che prevede l’utilizzo di soli bovini italiani al posto degli zebù nati e cresciuti in Brasile e altri Paesi dell’America del Sud.

Entro tre anni diventeranno bresaola 30mila capi italiani, ma l’obiettivo alla base dell’intesa pare ben più ambizioso. “Vogliamo arrivare presto alla produzione di 500mila bovini all’anno – spiega il presidente di Coldiretti Sondrio Alberto Marsetti – Si creerà lavoro e verrà ricostruita la filiera della carne italiana, ormai quasi scomparsa”.

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