La maggior parte degli italiani, tra i principali consumatori al mondo, non sa bene cosa beve quando prende in mano una tazzina di caffè. È diventato ormai un rito, più che una degustazione. Scegliere il caffè giusto quando ti trovi al supermercato non è semplice: tra mille informazioni spesso finisci per farti guidare nella decisione soltanto dal marchio. Ma imparare a riconoscere un ottimo caffè di qualità è possibile. Basta sapere quali sono i criteri che ti devono guidare nel giudizio e ricordare che per farlo al meglio è opportuno esaminare solo caffè amaro, non zuccherato! Nero o verde, vero o decaffeinato, in grani o in polvere, l’importante è che il caffé sia di qualità. Ecco un approfondimento sul caffè e i nostri consigli per sceglierlo di qualità

Il caffè fa parte, assieme a tè, cioccolata, ginseng e altri, delle bevande nervine, cioè con un effetto stimolante sul sistema nervoso. Sono gli alcaloidi (caffeina, teobromina ecc.), sostanze contenute in queste piante, a provocare effetti che a basse dosi sono salutari per l’organismo, ma in quantità eccessive sono responsabili di disturbi e patologie. Il caffè è una bevanda ottenuta dalla macinazione dei semi di alcune specie di piccoli alberi tropicali appartenenti al genere Coffea. Sebbene all’interno del genere Coffea siano identificate e descritte oltre 100 specie, commercialmente le diverse specie di origine sono presentate come diverse varietà di caffè. Le più diffuse tra esse sono l’Arabica e la Robusta.

La varietà Arabica è più pregiata, per la grande varietà di aromi (fino a 2000) che sprigiona. In gergo tecnico tale varietà di aromi è definita “acidità”, pertanto per quanto riguarda il caffè il concetto di acidità ha una connotazione molto positiva, nel senso che più è alta l’acidità (la gamma di sostanze aromatiche), e più siamo di fronte ad un prodotto di qualità nutrizionale. Il caffè di varietà arabica contiene meno caffeina rispetto alla robusta (caffeina arabica: da 1,1 a 1,7%).

La varietà robusta invece ha un sapore amaro e meno aromatico dell’Arabica, contiene più caffeina (da 2 a 4,5%) e il triplo di sodio, dunque è una varietà meno pregiata. I torrefattori, quando preparano dei caffè ottenuti tramite una miscela di varietà arabica e varietà robusta, spesso eccedono con la varietà robusta perché costa la metà e ha più caffeina dell’arabica, quindi agli italiani di solito piace di più per il suo gusto “forte”.

Va macinato al momento

Il caffè migliore è quello che viene macinato all’istante. Dopo appena mezz’ora dalla macinazione infatti il prodotto perde quasi il 70% delle proprietà aromatiche che ne caratterizzano il gusto. Se in casa non si dispone di un macinino per caffè, la cosa migliore da fare per preservarne la ricchezza aromatica è conservare il caffè in polvere dentro dei contenitori di ceramica o vetro o latta, col tappo sempre chiuso e in un luogo fresco come un ripostiglio o cantina, oppure conservarlo nella confezione di acquisto ma dentro al frigorifero.

La torrefazione

Il caffè crudo ha un sapore aspro e astringente, è durante la torrefazione (tostatura) che vengono attivate le sostanze che gli conferiscono gusto e aroma. La temperatura e durata del trattamento termico sono essenziali per determinare il risultato finale: il caffè Robusta ha bisogno di temperature più alte per una giusta cottura, l’Arabica subisce una tostatura più leggera per non alterare l’aroma delicato.

Nella torrefazione all’italiana i chicchi sono investiti da aria calda a una temperatura superiore ai 200°C, la cellulosa si carbonizza e gli zuccheri caramellizzano dando al caffè il caratteristico colore bruno, un gusto amaro e poco acidulo. Nella tostatura all’inglese o all’americana invece, la temperatura è più bassa, il caffè ha un colore più chiaro, poco amaro e leggermente acidulo.

I chicchi sono poi immediatamente raffreddati per fermare la cottura, utilizzando getti di aria o docce di acqua fredda. Dopo il raffreddamento, il caffè è confezionato in sacchetti o latte metalliche. La confezione è molto importante perché aria, luce e umidità alterano gusto e aroma del caffè.

Nella immagine: le tipologie di tostatura del caffè che costituiscono degli standard internazionali

Come scegliere e acquistare il caffè

Da un punto di vista rigorosamente salutistico, la varietà Arabica è quella più salutare in quanto il trattamento di tostatura è meno spinto e quindi dà origine a un quantitativo inferiore di composti derivanti dalla carbonizzazione della cellulosa e dalla caramellizzazione degli zuccheri. Questi composti chimici derivanti dalla cottura dei chicchi di caffè infatti, sono riconosciuti come tossici e cancerogeni per l’organismo umano. Per fortuna che il chicco di caffè costituisce comunque un prodigio della Natura e contiene al suo interno anche un elevatissimo quantitativo di sostanze protettive e antiossidanti contro il danno di composti tossici di vario tipo, pertanto la componente tossica del caffè viene certamente attenuata in parte o neutralizzata grazie ai polifenoli antiossidanti.

Inoltre, anche i contenuti di caffeina sono la metà nell’arabica rispetto al robusta, pertanto per un uso moderato ed equilibrato della bevanda andrebbe favorita la qualità Arabica. Però poi subentrano anche altre componenti soggettive e di valutazione, per cui nella scelta di acquisto possiamo basarci sui seguenti criteri:

  • Se amate un caffè aromatico con un contenuto inferiore di caffeina scegliete la varietà Arabica. Il Robusta ha una nota legnosa, non sempre gradevole.
  • Il caffè è commercializzato in contenitori metallici o pacchetti di plastica che non lasciano filtrare la luce e l’aria. Nel metallo il prodotto si conserva più a lungo, mentre nei pacchetti ha una durata limitata.
  • Il caffè in chicchi conserva più a lungo le caratteristiche di gusto e aroma rispetto a quello macinato.
  • Le capsule conservano meglio l’aroma delle cialde per la loro chiusura ermetica, ma sono più costose.
  • È consigliato consumare il caffè macinato una volta aperta la confezione entro 15 giorni: per salvaguardare l’aroma conservatelo in frigorifero.
  • Preferite i prodotti che riportano in etichetta la composizione in Arabica e Robusta, l’origine geografica del caffè, la caffeina contenuta, la data di torrefazione, confezionamento e scadenza.
  • La data di scadenza sulla confezione è a discrezione dei produttori, che considerano valido il prodotto per 16-18 mesi: in realtà dopo due mesi il caffè macinato e confezionato ha già perso parte delle sue caratteristiche nutrizionali.

Il caffè decaffeinato

Come si produce il caffè decaffeinato, quello in cui viene rimossa la caffeina, il principio attivo del caffè con un effetto eccitante? Attualmente le tecniche di produzione di questo tipo di caffè sono 3:

  • Quella più diffusa, con l’anidride carbonica: questa sostanza, a contatto con il caffè ad una pressione altissima, si lega alla caffeina e la rimuove dal caffè. È un metodo abbastanza naturale (l’anidride carbonica non è pericolosa), ma fa perdere abbastanza il sapore e aroma del caffè.
  • Quella più naturale, con l’acqua: si mette il caffè a mollo e la caffeina esce per diffusione, assieme però a molte altre sostanze, facendo scomparire dunque il sapore caratteristico del caffè.
  • Quella più dannosa, con il diclorometano: si usa un solvente chimico che si lega alla caffeina e la estrae dalla polvere del caffè. È il metodo più efficiente per togliere la caffeina, ma il solvente è cancerogeno. Non è indicato in etichetta perché non si tratta di un ingrediente bensì di un coadiuvante. Per mantenere l’aroma del caffè il metodo migliore è quello di decaffeinizzazione con il diclorometano, che però è pericoloso. La legge attualmente non obbliga a indicare il metodo di decaffeinizzazione, ma diversi produttori lo inseriscono in etichetta come informazione facoltativa: se c’è scritto, possiamo sapere qual è il metodo (di solito con anidride carbonica); se non c’è, rimarremo con il dubbio.

Ma quanta caffeina rimane nei caffè decaffeinato? Per legge, il contenuto di caffeina presente deve essere inferiore allo 0,3% del totale.

Capsule e cialde: cosa c’è dentro?

In commercio si trovano comode capsule di alluminio o cialde di plastica da inserire nelle macchinette apposite da caffè espresso. Oltre a costituire una grande fonte di inquinamento ambientale, questi prodotti non sono privi di problemi per la salute. Infatti, secondo un’indagine recente svolta dalla trasmissione televisiva Report, risulterebbe che le capsule di alluminio, una volta riscaldatesi, rilascino nella bevanda piccole dosi di questo metallo, che possono nel tempo accumularsi nel corpo e provocare disturbi. Anche le cialde di plastica, sempre per effetto del calore, possono rilasciare ftalati, composti chimici molto dannosi e riconosciuti come interferenti endocrini per il nostro organismo, in grado di interferire o danneggiare il corretto funzionamento degli ormoni.

L’origine del caffè e la sicurezza nel consumo

Il caffè è un prodotto legato al terreno su cui nasce, ovviamente. Ne assorbe infatti tutte le sostanze,alcune delle quali influiscono anche sul sapore. E assorbe anche le sostanze nocive che eventualmente stiano sul terreno. Queste sostanze dannose ci sono, in quanto in molte piantagioni (specie in Brasile) vengono impiegati pesticidi e concimi di ogni tipo per aumentare la resa del terreno e la produzione di caffè.

Il caffè arriva tutto dall’estero, in particolare Sud America, Vietnam, Indonesia e Africa, e i controlli frontalieri eseguiti in Italia non sono finalizzati a ricercare tutte le sostanze chimiche problematiche per la salute, ma soltanto alcune. In questo modo, recenti inchieste hanno messo in luce come in questi controlli non si analizza la presenza di pesticidi molto pericolosi come il Terbufos o il Glifosato. Il primo ampiamente utilizzato in Brasile e vietato in Europa; il secondo, il glifosato, in Ue è ammesso entro certi limiti (che non esistono in Brasile, invece) (1).

Il caffè biologico è l’unico che ci assicura che nella coltivazione non sono stati impiegati pesticidi e concimi pericolosi. Ma anche in questo caso i problemi non mancano, non è sufficiente infatti affidarsi alla dicitura “biologico” scritta sulla confezione. Infatti, per gli alimenti importati da Paesi non europei (come il caso di caffè, cacao, tè, ecc.) non è obbligatorio inserire il logo con la fogliolina verde del prodotto biologico (è facoltativo), pertanto se il prodotto non contiene tale logo cerchiamo sulla confezione la presenza della certificazione da parte dell’ente certificatore italiano o europeo, come ad esempio le scritte del tipo: “IT BIO xxxxx Agricoltura Non UE”. Se tali scritte non sono presenti sulla confezione, allora quel prodotto è preferibile non acquistarlo, perché si tratta di una origine biologica incerta.

Caffè equo e solidale

Il Commercio Equo e Solidale nasce in Italia intorno alla metà degli anni Ottanta con l’obiettivo di pagare i prodotti importati dai Paesi poveri a un prezzo equo saltando gli intermediari. Caffè, tè, cacao, zucchero di canna acquistati direttamente dai contadini produttori organizzati in cooperative a un giusto prezzo, stabilito di comune accordo e pagato in anticipo fino al 60%. Questo contratto permette ai piccoli proprietari di acquistare semi e strumenti per la coltivazione senza indebitarsi pagando interessi da usura e garantisce un rapporto commerciale continuativo. È incentivata la coltivazione biologica, che consente un guadagno maggiore per il contadino e la salvaguardia della salute e dell’Ambiente.

Il prodotto finito, spesso, non costa di più al consumater, ma gli offre maggiori informazioni sulla qualità e la provenienza. Personalmente, incentivo solo il consumo di caffè proveniente da coltivazioni in cui vi sia il giusto salario per i lavoratori e i produttori, senza intermediari, e se la coltivazione è biologica ancora meglio, perché ci risparmia tutto il residuo di trattamenti chimici dannosi per la salute (e per l’Ambiente) tipico delle coltivazioni di massa sostenute dai produttori industriali del caffè. A livello commerciale, vi sono attualmente 3 marchi che, con alcune differenze, certificano il rispetto dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente: Rainforest Alliance, Fairtrade, Altromercato (2).

 

Caffè solubili e aromatizzati: la scelta di acquisto deve essere oculata

Il caffè solubile, indicato in etichetta come “estratto di caffè in polvere”, è semplicemente polvere di caffè che ha subito processi di liofilizzazione e di disidratazione.

La liofilizzazione è un processo tecnologico che consente l’eliminazione totale dell’acqua dagli alimenti (e farmaci), i quali vengono ridotti in polveri disidratate che per aggiunta della giusta quantità di acqua assumono il gusto e le caratteristiche nutritive (o terapeutiche) che avevano i prodotti prima del trattamento. La liofilizzazione avviene a bassissime temperature ed in condizioni di vuoto spinto in modo che l’acqua contenuta nel prodotto previamente congelato si trasformi in ghiaccio e sublimi passando dallo stato solido a quello di vapore. Si tratta, in pratica, di congelare il prodotto da trattare ad una temperatura di -30, -40 °C all’interno di recipienti in acciaio inox (rispondenti alle norme igienico sanitarie), i quali, a loro volta, vengono posti all’interno del liostato in cui la pressione viene ridotta ad un valore tale che l’acqua presente nel prodotto precedentemente congelato, possa sublimare sotto vuoto mediante il riscaldamento ad una temperatura di 30° C, lasciando il prodotto essiccato praticamente in maniera completa.

Liofilizzato è, per esempio, tutto il cibo consumato sino ad oggi dagli astronauti nello spazio. I liofilizzati conservano le stesse qualità nutrizionali dei prodotti di partenza e vanno reidratati prima del consumo: si tratta di un’operazione pressoché istantanea e l’alimento ricostituito è del tutto simile a quello fresco. Invece, la disidratazione consiste nella rimozione dell’acqua presente nella polvere di caffè in maniera naturale. Questi processi tecnologici fanno perdere sapore e aroma al caffè, ma non ci sono, a parte questo, differenze dal punto di vista della salute tra caffè solubile e caffè in polvere classico.

Il problema nasce poi successivamente nei preparati solubili dell’industria, in cui al caffè solubile vengono aggiunti anche altri ingredienti come lo zucchero, lo sciroppo di glucosio, il latte in polvere, gli aromi ecc. Il caffè solubile può essere confezionato infatti come soltanto caffè (e non troveremo in questo caso la lista ingredienti, trattandosi di monoalimento), oppure come “preparato in polvere per bevanda al…” ovvero composto da più ingredienti. In questo caso occorre fare attenzione alla lista delle sostanze che compaiono tra gli ingredienti, che può comparire sia per il caffè solubile in barattolo che per quello solubile in cialde o capsule.

Gli ingredienti sono indicati in ordine decrescente di quantità, e questo permette al consumatore di capire quanto caffè c’è realmente dentro al prodotto. Un’etichetta di caffè solubile che recita “caffè, estratto puro di Ginseng, aromi naturali” denota un prodotto di buona qualità, mentre un’altra con questo elenco: “sciroppo di glucosio, latte in polvere (31%), caffè solubile (16%), grassi vegetali non idrogenati (palma,cocco), estratto di Panax Ginseng (0,8%), aromi, fosfato di sodio”, non indica un prodotto di buona qualità. In questo caso infatti stiamo bevendo solo zucchero, e nella migliore delle ipotesi il caffè è il 20% (al terzo posto nella lista), davvero troppo poco!

Caffè e genetica

Chi metabolizza in modo lento la caffeina ha il rischio di un suo

accumulo, se assunta con più tazzine durante la giornata, andando incontro a sintomi di intossicazione da caffeina. È esposto ad un alto rischio di infarto, rischio che aumenta, in base al numero di tazzine consumate.

Uno studio condotto all’Università di Toronto ha scoperto che alcuni individui possiedono una variante di un gene, chiamato CYP1A21A, che scompone la caffeina presente nell’organismo con una velocità 4 volte maggiore rispetto agli individui che invece possiedono il gene CYP1A21F. Per chi appartiene al primo gruppo, bere 2-3 tazzine di caffè al giorno diminuisce del 22% il rischio di infarto. “Il pericolo di infarto cresce del 36% nei metabolizzatori lenti che bevono due o tre tazze di caffè al giorno”, concludono i Ricercatori, “e si arriva fino al 64% per i forti consumatori di caffè, ossia coloro che ne consumano quattro o più tazze al dì” (1).

Se bere il caffè procura evidenti scompensi la cosa migliore è non berlo affatto, ovviamente. Al limite, provare bevande alternative come il caffè d’orzo o di cicoria, o quelle che presentano un mix tra orzo, cicoria, fichi secchi e altre sostanze naturali salutari. In commercio si possono trovare, nei negozi di cibo biologico per lo più, ma anche nella grande distribuzione.

Alcuni prodotti: come valutarne l’acquisto

Vi illustro ora alcuni prodotti reperibili in Italia, alcuni molto “popolari” e conosciuti da tempo (come Lavazza e Kimbo), altri più pregiati (Pellini, Corsini Fairtrade Bio) o Top Quality (Gardelli Specialty Coffees).

Partiamo da due dei caffè più presenti nelle case degli italiani, dei classici della tradizione italiana, ma diciamo subito che si tratta di caffè molto standard e di qualità medio-bassa, a voler essere sinceri, derivanti da piantagioni di massa e industriali, quasi sempre del Brasile, che come abbiamo avuto modo di vedere in questo articolo, costituisce la patria del caffè industriale e delle coltivazioni spinte con concimi e pesticidi di ogni sorta, per garantire una produzione sempre elevata.

Parliamo di Lavazza (Crema e Gusto e Lavazza Qualità Rossa) e Kimbo Aroma Italiano. Questi 3 prodotti ( i 2 Lavazza e il Kimbo) sono accomunati dal fatto di essere delle miscele di caffè Robusta e Arabica (con prevalenza della varietà Robusta, meno pregiata e meno costosa).

Come si può notare dalle informazioni fornite sulla confezione, il caffè “Qualità Rossa” subisce una tostatura “media”, più leggera e a temperature inferiori rispetto a quella del “Crema e Gusto”, che è invece una tostatura “scura” (i chicchi cioè vengono anneriti maggiormente con un processo di tostatura più forte). Da un punto di vista squisitamente nutrizionale e di qualità delle componenti antiossidanti dei polifenoli del chicco, appare evidente che fra i due quello da preferire, eventualmente, è il Qualità Rossa, che subisce una tostatura più delicata e preserva dunque più sostanze antiossidanti nella nostra tazzina.

Il caffè Kimbo presenta una informazione maggiore per il consumatore, perché ci dice la percentuale esatta della composizione della miscela del prodotto: Robusta (65%) e Arabica (35%), inoltre ci dice anche qual è la percentuale di caffeina presente nel caffè, informazioni importanti per la scelta del consumatore, che mancano completamente nei 2 prodotti Lavazza illustrati sopra.

Passiamo ora a dei caffè di qualità superiore, per esempio il caffè Corsini biologico Compagnia dell’Arabica Gayo Mountain di singola piantagione, proveniente dall’Indonesia (isola di Sumatra). Questo caffè è un 100% Arabica, da coltivazione biologica e appartenente a produttori di commercio equo e solidale del Consorzio Fairtrade, ha un costo di circa 24,00 euro al chilo.

Altro prodotto di buona qualità (media qualità, non top quality nonostante la dicitura della confezione) è il Caffè Pellini Top, un 100% Arabica ma derivante da una miscela di vari caffè Arabica, non singola origine (i caffè singola origine sono più pregiati). Il prodotto viene fornito con un buon packaging in barattolo e con molte informazioni importanti per il consumatore, come il tenore di caffeina (1,3% sul totale) e le informazioni di tostatura, conservazione e durata del prodotto.

E infine, “ultimo ma non ultimo”, vogliamo menzionare quello che considero ad oggi il miglior caffè Arabica presente sul mercato in Italia e forse anche all’estero. Si tratta di un prodotto 100% artigianale proveniente da una piccola azienda di Forlì, la Gardelli Specialty Coffees, che seleziona, tosta e produce ottime varietà di Arabica provenienti da coltivazioni di Etiopia, Rwuanda, Africa in genere e anche dal Sud America.

Questi caffè sono trattati con una cura infinita dal proprietario dell’azienda, Rubens Gardelli, primo classificato ai Campionati Italiani di Tostatura dal 2014 ad oggi per 4 anni di fila, e secondo classificato anche ai Campionati Mondiali di Produttori di caffè nel 2014. A Gennaio 2018 è arrivato il riconoscimento mondiale assoluto, il caffè di Gardelli si è classificato infati primo assoluto ai Campionati Mondiali di Tostatura in Cina! Possiamo dunque dire di avere a che fare in questo caso con un prodotto top a livello mondiale, e vi assicuro che la qualità di questo caffè si sente tutta nella tazzina già dal primo sorso.

In foto: Rubens Gardelli in Africa

Conosciamo di persona Rubens al punto da poter testimoniare la sua grande cura, passione e dedizione professionale per il suo lavoro. Si reca sempre lui stesso in Africa o in qualche altra parte del globo per scegliere le piantagioni migliori e conoscere di persona i piccoli farmers che danno origine ai suoi caffè. Ogni volta che vado nel suo bar di Forlì e nel laboratorio di torrefazione a bere il suo caffè rimango sempre senza parole… la tazzina parla da sé!

La sua azienda, sebbene in quantitativi modesti e non certamente industriali, produce e spedisce confezioni di caffè in chicchi in tutto il mondo (altra caratteristica che ne contraddistingue la sua attenzione per la qualità, si rifiuta di vendere il caffè macinato in quanto esso perde l’aroma pieno già dopo poche ore dalla macinazione!). I prodotti acquistabili dal suo sito internet sono tutti top quality, hanno costi importanti ma vengono consumati e apprezzati in tutto il mondo dai veri intenditori del caffè. Uno dei miei preferiti tra quelli che produce è il Marilec, un caffè proveniente dal Nicaragua (qui sotto in foto, costa 48 euro al chilo), ma consiglio anche il Mora Mora dell’Etiopia (circa 60,00 euro al chilo) e la miscela personale di vari arabica di Rubens chiamata Cignobianco (costo: 38,00 euro al chilo).