Il prodotto qui in foto (prosciutto cotto Ferrarini) e descritto nella scheda tecnica qui in basso è classificato come prosciutto cotto “alta qualità”, in quanto rispetta i parametri definiti dalla legge italiana per la preparazione di un prosciutto cotto da definirsi di alta qualità.

Ma se guardiamo a livello nutrizionale di cosa si compone questo alimento, si nota immediatamente la presenza di:

  • ZUCCHERO (saccarosio)
  • GLUTAMMATO MONOSODICO (esaltatore di sapidità)
  • AROMI (artificiali)
  • NITRITO DI SODIO (conservante cancerogeno secondo l’OMS)

Secondo la normativa italiana,il prosciutto cotto può essere etichettato come di ALTA QUALITA’ se contiene:

  1. almeno tre dei quattro muscoli principali della coscia;
  2. acqua, misurata come umidità secondo la normativa, inferiore al 75,5%;
  3. come ingredienti facoltativi soltanto vino, zuccheri (escluso lo sciroppo di glucosio) in quantità non superiore all’1,5% , aromi naturali o sintetici (questi ultimi, identificati solo come “aromi” in etichetta ingredienti, sono sostanze chimiche di laboratorio che simulano l’aroma dei cibi naturali), spezie e piante aromatiche;
  4. come additivi facoltativi solo l’acido sorbico e i suoi sali: E 200-203, l’acido eritorbico (E 315) e l’eritorbato di sodio (E 316), il lattato di sodio (E 325), il glutammato monosodico (E 623).

E’ la stessa legge quindi che ammette l’impiego di zucchero, glutammati, aromi e conservanti. Gli italiani sono grandissimi consumatori di prosciutto cotto, anche perché comunemente si crede che il cotto sia più leggero del crudo e che contenga meno grasso, ma è vero il contrario, è il crudo ad avere meno grasso, qualora venga sgrassato togliendo la striscia bianca presente nella fetta!

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E’ davvero di alta qualità?

Rimane anche da chiedersi se queste carni siano davvero di alta qualità, aldilà delle belle etichettature e diciture consentite dalla legge. Sono animali allevati bene e con mangimi sani? Pare proprio di no, leggendo ad esempio dallo stesso sito della azienda Ferrarini si dice abbastanza incredibilmente che

“Le carni che utilizziamo nella produzione dei nostri salumi provengono sia da animali nati allevati e macellati in Italia sia da animali nati, allevati e macellati in altri paesi della UE. Il ricorso a carni di altri paesi dipende dal fatto che l’Italia non è autosufficiente come produzione di carne di suino (importiamo il 40% circa del nostro fabbisogno) e in particolare, per quanto riguarda le cosce, la quasi totalità di quelle ottenute da suini nati allevati e macellati in Italia è destinata alla produzione di prosciutti stagionati DOP (Parma, San Daniele ecc..). Nella produzione dei salumi non DOP l’origine della carne non è determinante né per la qualità, né per la salubrità del prodotto. La genetica, le tecniche di allevamento, la gestione sanitaria, i mangimi impiegati, il peso alla macellazione seguono approssimativamente gli stessi standard in tutta Europa e questo contribuisce a livellare sia l’aspetto qualitativo, che di sicurezza igienica delle carni destinate alla produzione di salumi.”

Perchè questa marca usa il glutammato?

Riguardo l’impiego del GLUTAMMATO MONOSODICO l’azienda Ferrarini scrive sul sito che

“Nella produzione dei salumi il glutammato monosodico viene impiegato come additivo per stimolare i ricettori della lingua aumentando la percezione del “gusto di carne”, un gusto considerato il quinto sapore e denominato “umami”. In etichetta viene indicato con la dizione “esaltatore di sapidità: glutammato monosodico” (nr CE: E621). Il glutammato monosodico è di origine vegetale, ed è ottenuto per fermentazione batterica a partire dalla barbabietola da zucchero o dalla canna da zucchero.”

La carne di prosciutti non biologici però proviene da allevamenti convenzionali industriali che di norma utilizzano mangimi contenenti soia e mais transgenico (OGM) e provenienti da colture trattate con pesticidi di sintesi. Inoltre lo zucchero, gli aromi e gli esaltatori di sapidità sono ingredienti FACOLTATIVI e AGGIUNTIVI, non essenziali nella produzione di un prosciutto.

La soluzione davvero ideale per la salute dei consumatori sarebbe quella di produrre solamente prosciutti artigianali e senza conservanti, cosa che stanno già facendo diverse aziende in Italia, come Golfera, Pedrazzoli e altre. Un cotto senza nitriti e glutammato. Il consumatore dovrà capire che questo prosciutto non sarà bello rosa, sarà un po’ marroncino, un po’ maculato, un po’ difforme, ma farà meno male dei prosciutti con conservanti. Sarà necessario per il consumatore entrare nell’ottica del mangiare bene, piuttosto che del mangiare con gli occhi!

In Italia sono in commercio anche altre due tipologie di prosciutto cotto oltre a quello definito di alta qualità. La normativa del 2005 identifica tre tipologie: c’è il “prosciutto cotto”, il “prosciutto cotto scelto” e il “prosciutto cotto di alta qualità”.
Il cotto normale e il cotto scelto possono presentare livelli di umidità (quindi di acqua) ben superiori a quelli consentiti per il cotto di alta qualità, quindi saranno presenti ancora più zuccheri e additivi (in quanto una delle caratteristiche di questi additivi è proprio quella di far trattenere acqua dentro la carne del prosciutto ). Per cui, occhio sempre all’etichetta quando decidete di comprare un cotto!

I conservanti servono per aumentare i profitti, a nient’altro!

Ultimissima annotazione: la shelf life di questo tipo di prosciutti, ovvero i tempi di conservazione, sono di circa 180 giorni (si veda l’immagine che riporta la scheda tecnica). E’ evidente che chi producesse salumi biologici senza conservanti (oltre al sale) potrebbe garantire solo tempi di conservazione più brevi, magari di un mese o due al massimo. Questa sarebbe esattamente la soluzione ideale per il consumatore per la salute e per il consumo di un alimento davvero sano. Le aziende tradizionali e con produzione industriale invece producono prodotti che possono conservarsi a lungo, in questo modo riescono a piazzarli sul mercato in tutto il mondo e aumentare i profitti. La produzione su scala industriale, in grandi quantità, non si potrebbe avere con un salume artigianale privo di conservanti che scade dopo due mesi, il quale sarebbe destinato al massimo ad un mercato locale. Quello però sarebbe esattamente un salume salutare. E guarda caso se ci pensiamo è proprio il tipo di salume che si produceva una volta nelle case per un uso familiare e stagionale. Ancora oggi ovviamente ci sono dei salumieri che producono salumi senza zucchero, aromi, esaltatori di sapore e conservanti. Non se li fila più nessuno però! Tutti a prendere il bigliettino al banco salumi del supermercato perchè la spesa si fa di corsa e non si può sottrarre tempo alle ore di lavoro dell’ufficio o ad altri eventi mondani come aperitivi, cene di lavoro, ecc. E la salute?

Riassumendo il tutto: non è di qualità!

il prodotto in foto (prosciutto cotto “alta qualità” Ferrarini) non si può affatto definire un cibo di qualità dal momento che:

  • le carni provengono dall’estero e da allevamenti intensivi e industriali, dove il benessere animale non viene minimamente contemplato, i suini vengono ingrassati forzatamente e non fanno una vita all’aperto e di movimento
  • l’alimentazione dei suini da cui deriva questo prodotto è a base di mangimi OGM, di soia e mais coltivati in campi dove si fa anche uso di pesticidi e altri fitofarmaci che abbassano la qualità dei mangimi
  • il prodotto utilizza conservanti nocivi e definiti cancerogeni dalla OMS, come il nitrito di sodio. E potrebbe farne a meno in quanto è solo facoltativo l’uso di questi conservanti, secondo quanto previsto dalla legge.
  • il prodotto contiene esaltatore di sapidità come il glutammato monosodico, che la stessa azienda nel suo sito dice di impiegare per stimolare i ricettori della lingua aumentando la percezione del “gusto di carne”. In pratica, per ingannare il palato del consumatore e rendere il prodotto maggiormente appetibile rispetto a quello che realmente è.
  • il prodotto contiene zuccheri aggiunti
  • il prodotto contiene aromi artificiali aggiunti, anche in questo caso per aumentare l’appetibilità, probabilmente per sopperire ad una qualità della carne in partenza non spiccatamente saporita
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