Olio extravergine di oliva, sale e pepe. Per intingerci ortaggi o verdure crude come carote, sedano, cetrioli o finocchi tagliati a listarelle, ma anche per condire pesce alla brace, una bruschetta o salumi. È il Pinzimonio. Molti italiani lo preparano e lo mangiano senza sapere neanche bene come si chiami e cosa sia. È una delle salse più diffuse e utilizzate nel nostro Paese e più semplici da preparare. Anche questo pochi lo sanno. Le varianti più diffuse sono con il succo di limone o con l’aceto, così come l’impiego a cui è generalmente associato è la classica “crudité” di verdure. Il segreto del suo successo sta nel fatto che è un piatto che permette di socializzare, dal momento che tutti attingono contemporaneamente dalla piccola ciotola in cui viene posto il condimento.

Tra le ricette più apprezzate della primavera-estate (ovvero della stagione calda), può essere cucinato senza accendere i fornelli, è fresco e piacevole da mangiare anche con le alte temperature. Per prepararlo bastano pochi e semplici ingredienti: un olio extravergine di qualità, e poi ortaggi di stagione freschissimi e croccanti: sedano, finocchi, ravanelli, carote, cetrioli, peperoni, cipolline novelle, teneri carciofi o porri.

Se a casa viene solitamente consumato come antipasto o come contorno per la carne, il pesce o i formaggi, nei locali e nei bar il pinzimonio viene servito su scenografici piatti da portata o in bicchieri di vetro trasparente. E negli ultimi anni è diventato pure un piatto “di tendenza”, diffuso soprattutto tra quanti amano tenersi in forma ma non rinunciare a piatti sfiziosi: leggero e saporito, sazia senza appesantire e unisce i benefici degli ortaggi crudi – che senza la cottura mantengono inalterate vitamine e proprietà nutritive – a quelli dell’extravergine, fonte di preziose sostanze antiossidanti come i polifenoli e la vitamina E, di grassi di qualità che nutrono e compongono le delicate membrane cellulari dell’organismo.

Le versioni alternative

Tante le varianti della ricetta classica: in molti danno un tocco di gusto in più all’emulsione originale unendo semplicemente un po’ di aceto, ma c’è chi sostituisce gli ingredienti tradizionali con yogurt ed erbe aromatiche (prezzemolo, basilico, maggiorana), maionese e senape, capperi, olio e acciughe, vinaigrette al limone e zenzero. E tra le salse preferite per accompagnare le verdure crude ci sono pure quelle che arrivano da oltreconfine, come la guacamole messicana, a base di avocado schiacciato, succo di lime e sale o la tzatziki greca, con yogurt, cetrioli, aglio, sale e olio.

Origini romane

L’abitudine di mangiare verdure crude come rompidigiuno, accompagnandole con un’emulsione di olio d’oliva e sale, pare arrivi da Roma, dove fino all’Ottocento, nella zona attorno al Circo Massimo erano diffuse coltivazioni di sedano e finocchi. In epoca rinascimentale questa usanza si consolidò tra le classi più agiate, che nei loro lussuosi banchetti utilizzavano ortaggi crudi per decorare ricche pietanze di carne e al termine del pasto li intingevano nei sughi delle portate.

Nella Capitale, il pinzimonio era indicato – e lo è tuttora – con l’appellativo scherzoso di ‘cazzimperio’, citato anche in un sonetto di Giuseppe Gioachino Belli (“Co ssale e ppepe e cquattro gocce d’ojjo / poderissimo facce er cazzimperio”) del 1831. Un termine che, secondo la spiegazione dello storico Piero Camporesi, fa riferimento ai presunti effetti afrodisiaci della miscela di olio, sale e pepe.

Col tempo, nel resto della Penisola, cazzimperio ha ceduto il passo all’attuale pinzimonio, che compare per la prima volta nel XIX secolo, nei versi del poeta romano Filippo Pananti – “Mi vo subito a mettere a telonio, / pieno di fuoco e un bellissimo estro, / perché ho mangiato molto pinzimonio”. Il significato della parola è spiegato dal Vocabolario Treccani: “Formazione scherzosa da pinzare, con il suffisso di matrimonio”, dove ‘pinzare’ va inteso come ‘pungere’, alludendo probabilmente alla sensazione di pizzicore al palato provocata dall’olio extravergine di buona qualità.