A dispetto della varietà di cibi che si trovano sui banchi del reparto ortofrutta del supermercato, simbolo di cibo industriale e di processi produttivi a forte impatto ambientale, una cosa davvero di primaria importanza che in realtà bisognerebbe trasmettere alle nuove generazioni, a livello di educazione alimentare, è quella di mangiare il cibo di stagione, in quanto è l’unico comportamento alimentare e ambientale corretto.
Per una serie di buoni motivi. Vediamone insieme alcuni:
Più nutrienti
Le piante che seguono il loro naturale ciclo di vita presentano una quantità maggiore di nutrienti e principi attivi e apportano la giusta quantità di calorie in relazione al periodo dell’anno. Questo significa che le proprietà nutrizionali di un determinato alimento, se è coltivato fuori dalla sua stagione abituale, potrebbero risultare “falsate” e quindi esserci meno utili.
Pochi o zero pesticidi
Questo è vero, in particolar modo, per gli ortaggi biologici e biodinamici. Anche quelli non bio, tuttavia, se sono di stagione richiedono una quantità nettamente inferiore di prodotti chimici per eliminare i parassiti. Le piante che vengono “costrette” a crescere in periodi diversi dalla loro normale stagione, infatti, risultano indebolite e sono più facilmente preda di insetti indesiderati.
Costa meno
Dato che gli ortaggi di stagione non hanno bisogno di serre, non si consuma energia aggiuntiva per farli crescere e maturare: sfruttano già quella del sole. Se poi scegliamo prodotti a km zero, coltivati cioè vicino al luogo di residenza, il risparmio è ancora maggiore, perché abbatteremo anche i costi di trasporto.
Più gusto
I prodotti di stagione sono più buoni, profumati, aromatici. Avete fatto caso al sapore di un pomodoro in inverno? Praticamente non ha sapore e si è costretti ad esagerare coi condimenti.
Più rispetto per la Terra
I peperoni o le zucchine a dicembre hanno un costo ambientale elevatissimo: per farli crescere servono grandi serre riscaldate e illuminate che richiedono molta energia, spesso proveniente da combustibili fossili. Anche pesticidi e fertilizzanti utilizzati per i cibi fuori stagione sono di sintesi, quindi derivati dal petrolio. Gli ortaggi fuori stagione, dunque, risultano molto inquinanti. Se poi provengono da altri Stati lontani e aggiungiamo il costo ambientale dei trasporti (su strada o aerei), ecco che risultano ancora più inquinanti! Tutto ciò significa anidride carbonica che si va ad aggiungere a quella già presente in atmosfera, incrementando l’effetto serra e peggiorando la situazione globale. Perché supportare, da consumatori, un simile sistema produttivo?