Parliamo di uno dei prodotti simbolo del periodo natalizio e di fine anno. E del consumismo alimentare sfrenato che assale un pò tutti noi durante questi periodi di festività di fine anno. Spesso siamo portati ad acquistare cibo che si è sempre comprato per tradizione e convenzione, quando in realtà potremmo concederci delle alternative più salutari a quelle standard e commerciali presenti nei supermercati. Purtroppo il cotechino standard, quello classico da supermercato come il prodotto illustrato qui nella immagine, racchiude in sè molteplici sostanze e ingredienti poco salutari, nonostante si fregi di essere un prodotto tipico di “antica specialità gastronomica italiana”

Si legge dal sito della azienda produttrice che “la certificazione IGP assicura che lo Zampone Modena e il Cotechino Modena siano proprio quelli nati dalla sapiente miscela di carni e aromi in uso fino dal lontano Rinascimento”.

Ma questo non garantisce affatto che la carne sia di suini italiani e meno ancora che provenga da allevamenti salubri e con animali al pascolo brado nutriti secondo una alimentazione naturale della razza suina. Tutt’altro, purtroppo. Si tratta di carni di suini da allevamenti intensivi e industriali, dove non vi è in genere mai nessuna attenzione per il benessere animale (inteso come far vivere secondi i ritmi naturali l’animale) e dove i contenuti nutrizionali delle carni sono peggiori di quelli da allevamento estensivo o semibrado (in Italia abbiamo degli allevamenti di suini allo stato brado e semibrado, vedi il paragrafo successivo).

Gli allevamenti estensivi (allo stato brado) esistono anche in Italia, e andrebbero incentivati e replicati in più territori

La produzione di carne suina con metodo estensivo è proporzionalmente più contenuta rispetto a quella da allevamento intensivo, con numeri da mercato di nicchia. La crescita degli allevamenti biologici, però, contribuisce a spingere questa forma di zootecnia, legata alle produzioni tipiche e a specifici territori, un aspetto che vale soprattutto per i maiali di razze antiche. Fra queste, possiamo ricordare:

  • Mora romagnola
  • Nero di Parma
  • Cinta senese
  • Casertana
  • Suino dei Nebrodi

Un discorso a parte merita il Suino della Marca, una varietà selezionata recentemente nelle Marche, incrociando diverse razze italiane, per ottenere un animale particolarmente adatto al metodo estensivo, ma che garantisce anche buone produzioni in termini quantitativi.

Le varietà citate, sia quelle bovine che quelle suine, in generale sono meno produttive e richiedono più tempo per l’accrescimento rispetto a quelle impiegate nell’allevamento intensivo, come il maiale Large White. Questi animali sono legati ai territori, alla tipicità dei prodotti e spesso alle produzioni biologiche, certificate o “di fatto”, in quanto si tratta di allevamenti prossimi alle condizioni naturali, dove vengono forniti pochi mangimi. Questi allevamenti, sicuramente rispettosi del benessere animale e con un prodotto alimentare alla fine della catena molto più salubre e idoneo per l’alimentazione umana, andrebbero in realtà incentivati e supportati maggiormente da parte delle istituzioni preposte allo sviluppo dell’Agricoltura e dell’allevamento. Una parte molto importante per supportare tali metodologie di allevamento la deve fare anche il consumatore, che essendo ben informato scelga di andare a comprare carni e prodotti derivanti dalla filiera di allevamento estensivo, piuttosto che il comodo prodotto sotto casa che però arriva dall’allevamento intensivo e industriale.

Nel cotechino l’ingrediente principale è il grasso di maiale


Oltre le carni di discutibile qualità e valore nutrizionale, la lista degli ingredienti mostra come l’ingrediente principale del prodotto sia il grasso del maiale, che sebbene di per sè non sia affatto un nutriente da demonizzare e può avere un suo valore nutrizionale qualora provenga da allevamenti di suini al pascolo brado, appare comunque di discutibile utilità preparare un secondo piatto solo a base di grasso e carne di maiale, aromi, sale, zucchero e conservanti (nitriti). Vengono aggiunti inoltre quasi 2 grammi di sale per etto di prodotto, un quantitativo piuttosto elevato dal momento che la dose massima consigliata è di 5 grammi. Il tutto in aggiunta al nitrito di sodio, che è anch’esso un sale a tutti gli effetti, lo ricordiamo.

Il nitrito di sodio, presente come additivo aggiunto in quasi tutti i cotechini e zamponi (e nelle carni processate come wurstel, salsicce e salumi) viene usato come conservante antibatterico ed è una sostanza che oggi sappiamo essere da limitare nella nostra dieta, specie quando è presente come additivo. I nitriti sono già presenti negli alimenti, anche nella verdura che proviene dall’agricoltura convenzionale non biologica, in quanto l’agricoltura convenzionale impiega massicce dosi di fertilizzanti (concimi azotati) a base di nitriti e nitrati, quindi per fare un esempio negli spinaci di agricoltura standard vi sono già discreti quantitativi di nitrati all’interno della foglia, mentre nella coltivazione biologica non si ritrovano o ci sono in dosi molto inferiori. L’OMS nel 2015 ha stabilito in via definitiva che le carni conservate e lavorate sono da limitare o evitare fortemente proprio a causa dell’impiego eccessivo di conservanti come i nitriti e nitrati e dell’impiego eccessivo di sale.

Infatti i nitriti e nitrati, a seguito di particolari reazioni chimiche che avvengono nello stomaco, si trasformano molto facilmente in nitrosammine, sostanze ritenute altamente cancerogene dall’OMS per lo sviluppo dei tumori dello stomaco e dell’intestino (vedi il parere dell’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro sui nitriti e nitrati https://www.airc.it/cancro/informazioni-tumori/corretta-informazione/additivi-conservanti-alimentari

Limitare quindi l’assunzione di alimenti contenenti nitriti e nitrati, questa la raccomandazione dell’OMS e di molte altre istituzioni a tutela della salute pubblica.

La dose massima giornaliera si raggiunge in fretta

Facciamo anche notare che la dose giornaliera accettabile (DGA) in nitriti è facile da raggiungere: è sufficiente che un uomo di 70 Kg consumi 100g di prodotti di salumeria. Consideriamo anche che i nitriti e nitrati sono presenti nell’acqua minerale in bottiglia e in quella dell’acquedotto comunale, quindi tra salumi, verdure non bio e acqua ne assumiamo una certa dose ogni giorno inevitabilmente. I bambini sono molto più esposti degli adulti alla intossicazione da nitriti e nitrati, dal momento che la dose massima giornaliera stabilita dalle autorità riguarda l’uomo adulto e nel caso del bambino, di peso inferiore, questa dose è senz’altro più bassa. E’ consigliabile pertanto non dare loro mai salumi contenenti i nitriti (in commercio vi sono anche salumi senza nitriti e nitrati).

Perchè alcuni salumi o cotechini si conservano anche senza nitriti?

Perchè è falso il fatto che per conservare un salume occorra usare i conservanti. Il mantenimento del colore rosa o rosso delle carni è il motivo principale della presenza di nitriti e nitrati negli alimenti, almeno dal punto di vista quantitativo. L’esaltazione cromatica, infatti, richiede una dose di questi conservanti circa tre volte superiore rispetto a quanto richiederebbe la sola conservazione naturale. In assenza di questi additivi, le carni fresche iniziano a imbrunire già dopo pochi minuti, e il colore marroncino non è gradito al consumatore, che pensa erroneamente si tratti di un prodotto scadente o in procinto di avariarsi.

Un altro problema molto serio di salute conseguente all’ingestione in eccesso di questi conservanti è la metaemoglobinemia, di cui parleremo magari in un altro post nei prossimi giorni.

Ecco un paio di prodotti a titolo di esempio, di cotechino senza nitriti e nitrati, privo di conservanti aggiunti e privo di zuccheri aggiunti:

  1. http://www.salumificiopedrazzoli.it/portfolio_page/cotechino-fresco-bio/
  2. https://www.valsana.it/it/cotechino-precotto-meggiolaro-80856.html

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